Assegno mantenimento moglie lavoratrice

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Assegno di mantenimento e divorzile alla moglie lavoratrice

L’assegno di mantenimento e l’assegno divorzile sono degli obblighi economici che possono nascere dalla fine di un matrimonio, ma è necessario versarli anche al coniuge che lavora?

    Assegno di mantenimento e divorzile alla moglie lavoratrice

    L’assegno di mantenimento e l’assegno divorzile sono degli obblighi economici che possono nascere dalla fine di un matrimonio, ma è necessario versarli anche al coniuge che lavora?

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      Una coppia di coniugi si sta separando, la moglie lavoratrice chiede l’assegno di mantenimento al marito anche se ha già uno stipendio che le permette di vivere dignitosamente e proprio per questo lui si rifiuta di concederlo. Chi tra i due ha ragione? Vediamo quali sono i casi in cui va versato l’assegno di mantenimento e chi ha diritto ad incassarlo.

       

      La Corte di Cassazione ha emesso due importanti sentenze in materia di assegno di divorzio, in particolare la n. 11504/17 del 10.05.2017 e la n. 18287/18 delle Sezioni Unite, con cui ha inteso limitare la tutela assistenziale alle sole casalinghe che hanno sacrificato la vita lavorativa per dedicarsi alla vita coniugale alla cura della casa e dei figli, le quali raggiunta un’età maggiore di 50 anni non sono più in grado di reperire una occupazione; al contrario l’assegno va negato a chi ha la possibilità concreta di raggiungere l’autosufficienza economica per età, salute e formazione scolastica e professionale.

       

      Assegno di mantenimento e assegno divorzile

       

      È necessario prima di tutto fare una distinzione importante tra l’assegno di mantenimento e l’assegno divorzile che spesso sono confusi:

      • L’assegno di mantenimento è un importo mensile che il coniuge più benestante deve versare all’altro dopo la separazione ed è volto a garantire lo stesso tenore di vita di quando la coppia era sposata;
      • L’assegno divorzile invece subentra dopo la sentenza di divorzio e viene versato solo se il coniuge non è in grado di mantenersi, con lo scopo di garantire l’autosufficienza economica dello stesso coniuge.

      Assegno di mantenimento a seguito della (separazione) e assegno divorzile (a seguito del divorzio) hanno, pertanto, presupposti e finalità diverse.

      Un caso studio

       

      Per comprendere meglio cosa succede nella pratica studiamo cosa succederebbe in una situazione costruita ad hoc. Immaginiamo una coppia di coniugi dove lei percepisce uno stipendio di 800 euro mensili per un part-time con un’azienda privata, mentre lui ha un reddito da professionista di circa 2.500 euro al mese. La coppia non ha figli. Durante il matrimonio la coppia ha quindi potuto contare su un reddito complessivo di 3.300 euro al mese, per un’ideale quota di circa 1.650 a testa.

       

      All’esito della separazione, il giudice ordina al marito di versare all’ex moglie un assegno di mantenimento di circa 800 euro al mese in modo da garantire alla moglie 1.600 euro (800 euro di reddito proprio, più 800 euro di mantenimento). Al marito residuano così, per sé, 1.700 euro. In questo modo ciascuno dei due coniugi mantiene lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio (1.600 euro la moglie; 1.700 il marito).

      All’esito del divorzio, invece, il giudice – non essendo più tenuto a garantire al coniuge più debole lo stesso «tenore di vita» che aveva durante il matrimonio – rivede l’importo dell’assegno e condanna il marito a pagare all’ex moglie solo 400 euro poiché, secondo il Tribunale, in base al reddito già posseduto dalla donna, alla sua età, alle sue condizioni di salute e alle capacità di lavoro, la donna è autosufficiente con 1.200 euro al mese.

       

      Quando un coniuge ha diritto all’assegno divorzile?

       

      L’”assegno di divorzio” sarà dovuto solo ed esclusivamente se l’ex coniuge per ragioni obiettive – ad esso non imputabili – non è in grado di provvedere al proprio mantenimento. Ai fini di valutare se l’ex coniuge sia o meno autosufficiente dovranno prendersi in considerazione – oltre che il possesso di redditi di lavoro – anche il possesso di beni mobili e/o immobili, la disponibilità di una abitazione, le capacità e le possibilità effettive di procurarsi un lavoro tenuto conto dell’età, della salute, dei titoli posseduti e del mercato del lavoro.

       

      Il Tribunale di Milano con la sentenza n. 11504/17, a seguito della sentenza sopra citata della cassazione è intervenuto fissando in circa 1.000,00 euro all’anno la misura di reddito sopra la quale il coniuge non ha più diritto all’”assegno di divorzio” da parte dell’ex marito in quanto autosufficiente economicamente.

       

      Tuttavia, la sentenza n. 18287/18 delle Sezioni Unite, ha mitigato la rigidità di tale criterio meramente economico, statuendo che il diritto all’assegno divorzile non può basarsi esclusivamente sull’accertamento dell’autosufficienza economica, o sulla possibilità di procurarsi i mezzi, non potendosi prescindere dall’accertamento del contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla conseguente formazione del patrimonio comune e personale dell’altro ex coniuge.

       

      Le conseguenze della diversità della disciplina economica tra “assegno di mantenimento in caso di separazione” e “assegno di divorzio” sono quelle per cui il coniuge separato che sia obbligato a versare all’ex un oneroso assegno di mantenimento (in quanto parametrato al “tenore di vita matrimoniale” che continua a vigere per la determinazione dell’assegno di mantenimento nella separazione) ha tutto l’interesse a chiedere quanto prima il divorzio (al fine di corrispondere – solo eventualmente – un assegno di divorzio che sarà, comunque, sempre inferiore a quello determinato con la separazione ).

       

      Quando cessa il diritto all’assegno

       

      Il diritto all’assegno cessa se il beneficiario passa a nuove nozze, mentre se sopraggiungono “giustificati motivi” il Tribunale può modificare le statuizioni sull’”assegno di divorzio “. Tra questi “giustificati motivi” rientra a pieno titolo una nuova convivenza di fatto instaurata dall’ex coniuge, la quale fa cessare definitivamente il diritto a percepire l’”assegno di divorzio” (lo ha ribadito recentemente la Cassazione civile con ordinanza n. 5974 del 28 febbraio 2019).

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