I Contratti di Convivenza

Il Contratto di Convivenza

I “conviventi di fatto” possono, ai sensi della Legge 20 maggio 2016, n. 76, disciplinare i rapporti patrimoniali inerenti la loro vita in comune (quali la divisione delle spese di locazione dell’immobile nel quale vivono, la ripartizione delle bollette delle utenze, ecc….) con la sottoscrizione di un “contratto di convivenza“.

 

Ove uno dei conviventi sia cittadino extracomunitario, previa formalizzazione della convivenza in un “contratto di convivenza” da redigersi con scrittura privata autenticata da un avvocato (e/o un notaio), il medesimo, secondo la giurisprudenza dei Tribunali italiani, ha diritto all’iscrizione anagrafica nello “stato di famiglia” del partner e, conseguentemente, ha diritto al permesso di soggiorno (per ricongiungimento familiare così come garantito dal D.Lgs n.30/2007).

Tra le varie pronunce, il Tribunale di Bologna con ordinanza n. 21280 del 03.02.2020, ha affermato che “lo straniero ha diritto all’ingresso in Italia e al ricongiungimento con il partner italiano, se intrattiene con questi una stabile relazione, non registrata, ma debitamente attestata da documentazione ufficiale”.

In altre parole, la normativa internazionale e nazionale riconosce il diritto di soggiorno nel territorio degli Stati membri a coloro che, ai sensi dell’art. 3 d.lgs. n. 30/2007, abbiano una stabile convivenza con il partner italiano.

Il contratto di convivenza è redatto in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestano la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico.

Per garantirne l’opponibilità a terzi il professionista che autentica o riceve l’atto deve provvedere, entro dieci giorni, a trasmettere copia del contratto di convivenza al comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe ai sensi del regolamento di cui al d.p.r. 223/1989.

 

Il contratto può contenere:

 

a) l’indicazione della residenza comune;
b) le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo;
c) la scelta del regime patrimoniale della comunione dei beni (che dunque in questo caso non richiederebbe necessariamente la forma di cui all’art. 163 c.c.).

 

Il convivente ha inoltre i seguenti diritti:

 

1. diritto a rimanere nell’abitazione (per massimo 5 anni) in caso di morte del convivente proprietario della casa;
2. diritto a succedere al convivente nel contratto di locazione nei caso di morte del convivente conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione;
3.il diritto di preferenza nell’assegnazione di alloggi di edilizia popolare;
4. diritto a partecipare agli utili dell’impresa del convivente se presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa;
5. il diritto agli alimenti: in caso di cessazione della convivenza di fatto, il giudice può riconoscere al convivente il diritto di ricevere dall’altro convivente gli alimenti, per un periodo proporzionale alla durata della convivenza medesima, in presenza degli stessi presupposti e nelle misure già previste dall’art. 438 c.c., e precisamente laddove egli  a) versi in stato di bisogno, e b) non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento;
6. diritto di visita ed assistenza nel caso di ricovero ospedaliero del convivente;
7. diritto al risarcimento del danno in caso di decesso del convivente per fatto illecito del terzo.

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