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Infortunio c.d. “in itinere”
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Infortunio c.d. “in itinere”
In caso di infortunio c.d. “in itinere”, ovvero avvenuto lungo il tragitto di andata e ritorno dal luogo di lavoro è previsto il diritto all’indennizzo in capo al lavoratore. La giurisprudenza di legittimità, analizzando i singoli casi di infortuni in itinere sottoposti al suo vaglio, si è interrogata in merito all’estensione e ai limiti della fattispecie dell’“infortunio in itinere” al fine di circoscrivere il luogo in cui può avvenire un infortunio indenizzabile, elaborando a volte indirizzi tra loro contrastanti. Una recente ordinanza, tuttavia, ha fatto chiarezza.
Infortunio c.d. “in itinere”
In caso di infortunio c.d. “in itinere”, ovvero avvenuto lungo il tragitto di andata e ritorno dal luogo di lavoro è previsto il diritto all’indennizzo in capo al lavoratore. La giurisprudenza di legittimità, analizzando i singoli casi di infortuni in itinere sottoposti al suo vaglio, si è interrogata in merito all’estensione e ai limiti della fattispecie dell’“infortunio in itinere” al fine di circoscrivere il luogo in cui può avvenire un infortunio indenizzabile, elaborando a volte indirizzi tra loro contrastanti. Una recente ordinanza, tuttavia, ha fatto chiarezza.
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La disciplina dell’infortunio “in itinere”
Il D.P.R. n. 1124 del 30 giugno 1965, ovvero il Testo Unico delle disposizioni per l’Assicurazione Obbligatoria contro gli Infortuni sul Lavoro e le Malattie Professionali, all’art. 2, comma 1, prevede che “L’assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o un’inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un’inabilità temporanea assoluta che importi l’astensione dal lavoro per più di tre giorni.”
Inoltre, l’art. 12 del d.lgs. n. 38 del 2000 ha espressamente ricompreso nell’assicurazione obbligatoria la fattispecie dell’infortunio in itinere, disciplinandolo nell’ambito della nozione di “occasione di lavoro”. È, infatti, previsto che “salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti. L’interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti. L’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purchè necessitato. Restano, in questo caso, esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall’abuso di alcolici e di psicofarmaci o dall’uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni; l’assicurazione, inoltre, non opera nei confronti del conducente sprovvisto della prescritta abilitazione di guida.”
Il contrasto della giurisprudenza di legittimità
La giurisprudenza di legittimità nel 2010 è intervenuta con due sentenze depositate a distanza di pochi giorni l’una dall’altra, con due soluzioni opposte in merito al luogo in cui è avvenuto il sinistro.
Con la prima pronuncia del 21 settembre 2010, n. 19937, la Corte di Cassazione ha stabilito che se il luogo del sinistro si trova ben al dì fuori, rispetto all’itinerario che il soggetto avrebbe dovuto seguire per recarsi sul luogo di lavoro, l’incidente non va indennizzato. Il danneggiato, quindi, perderebbe tale diritto perché non ha seguito il percorso più breve.
Con la sentenza del 24 settembre 2010, n. 20221, invece, è stata riconosciuta la copertura assicurativa all’infortunato anche se la strada percorsa non è stata la più breve, ma la più comoda e conveniente.
Nella prima decisione, il giudice nomofilattico ha accolto la tesi dei giudici territoriali secondo i quali l’infortunio non è indennizzabile se luogo del sinistro si trova «fuori rotta» rispetto all’itinerario che il danneggiato avrebbe dovuto intraprendere per raggiungere la sede di lavoro.
Di segno opposto la seconda sentenza. Precisano gli ermellini che con il termine “rischio elettivo”, capace di escludere la c.d. “occasione di lavoro”, si deve intendere una condotta personalissima del lavoratore, avulsa dall’esercizio della prestazione lavorativa o ad essa riconducibile, esercitata ed intrapresa volontariamente in base a ragioni e a motivazioni del tutto personali, al di fuori dell’attività lavorativa e prescindendo da essa, idonea ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione ed attività esercitata.
Sulla base di tale premessa, il giudice nomofilattico afferma come i giudici di merito avrebbero dovuto procedere ad una verifica della sussistenza del criterio della “normalità” della percorrenza dell’itinerario per raggiungere il posto di lavoro, con la conseguenza che anche la strada più comoda e conveniente, anche se non la più breve, utilizzata a tali scopi, ben può consentire l’indennizzo del lavoratore che, durante tale percorso, abbia subito un infortunio a seguito di incidente stradale.
Il recedente approdo della Cassazione
Di recente la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 3376 del 2019, nonostante abbia dichiarato il ricorso inammissibile, ha affermato che la motivazione con la quale la Corte d’appello aveva negato la risarcibilità dell’infortunio era ben articolata in quanto, da un lato, era emerso che il tragitto alternativo si era rivelato addirittura più lungo di quello seguito normalmente e, comunque, la presenza di qualche tornante pericoloso non giustificava l’adozione di un diverso percorso, dall’altro, il luogo dell’incidente si trovava in direzione completamente opposta rispetto alla sede lavorativa.
Quindi ad avviso della Corte, si era verificato il c.d. “rischio elettivo”, poiché la deviazione dal normale tragitto era dipesa da una scelta personale della lavoratrice e non da cause di “forza maggiore, da esigenze improrogabili o dall’attuazione dì una direttiva del datore di lavoro”; circostanza quindi che ha fatto venir meno la configurabilità quale infortunio in itinere, e come tale risarcibile da parte dell’INAIL.