Licenziamento per giustificato motivo oggettivo

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Licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Quando il licenziamento non dipende da motivazioni disciplinari ma legate a questioni economiche e di riorganizzazione dell’assetto aziendale si parla di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

    Licenziamento per giustificato motivo oggettivo

    Quando il licenziamento non dipende da motivazioni disciplinari ma legate a questioni economiche e di riorganizzazione dell’assetto aziendale si parla di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

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      Che cos’è il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (GMO)

       

      Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è legato a motivi di organizzazione aziendale come il ridimensionamento o l’assunzione di un nuovo assetto operativo e non riguarda quindi la condotta del lavoratore.
      Ad esempio si parla di licenziamento per giustificato motivo oggettivo se un’azienda in forte crisi decide di riorganizzarsi per ridurre le spese legate al personale, licenziando alcuni dei suoi dipendenti.

       

      In quali casi avviene

       

      I casi principali nei quali avviene il licenziamento per giustificato motivo oggettivo sono:

      • Riduzione del personale: è il caso dell’esempio citato sopra, in cui un’azienda in difficoltà può decidere di ridurre l’organico e di accorpare le mansioni;
      • Esternalizzazione: avviene quando un’attività svolta all’interno dell’azienda viene affidata ad un soggetto esterno, con lo scopo di ridurne i costi. Per esempio un’azienda che produce scarpe decide di affidare la produzione dei lacci ad un’impresa esterna, in questo caso il datore di lavoro potrà licenziare i dipendenti che si occupavano della produzione dei lacci all’interno della sua azienda;
      • Digitalizzazione: l’azienda può decidere di automatizzare un processo che prima veniva svolto dai dipendenti introducendo l’utilizzo di alcune macchine.

       

      Presupposti Formali

       

      Come per qualsiasi tipologia di licenziamento anche questo deve essere comunicato al lavoratore in forma scritta e con la contestuale indicazione dei motivi, ovvero delle specifiche esigenze di riorganizzazione interna dell’azienda che rendono necessario il licenziamento.

      Per l’ipotesi di aziende con più di 15 dipendenti per unità operativa, l’intimazione di licenziamento deve essere preceduta obbligatoriamente da una procedura di conciliazione avanti all’Ispettorato del Territoriale del Lavoro. Tale procedura è rimasta obbligatoria solo per il lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del c.d. Jobs Act, ovvero la procedura non è più obbligatoria per i lavoratori assunti a far data dal 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore del Jobs Act).

       

      È sempre legittimo?

       

      Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è legittimo (se sia stato irrogato nel rispetto dei presupposti formali) se subordinato ad un mutamento dell’organizzazione tecnico-produttiva dell’azienda, ad esempio, quando:

      • viene soppresso il settore lavorativo o il reparto nel quale lavora un dipendente. La soppressione deve essere reale e attuale, ovvero avvenire per motivi validi e non per cause future ed eventuali.

       

      La scelta del dipendente da licenziare tra i lavoratori di pari livello interessati dalla riorganizzazione interna, deve poi avvenire nel rispetto del principio di correttezza e buona fede (anche facendo riferimento ai criteri indicati dall’art. 5 della Legge 223/1991), senza discriminazioni o ritorsioni di alcun tipo e dando il giusto preavviso al lavoratore.

       

      Una ipotesi particolare di licenziamento per giustificato motivo oggettivo è quella di un dipendente che si venga a trovare  in uno stato di malattia tale da rendergli impossibile la prestazione che svolgeva prima all’interno dell’azienda.

       

      Prima di arrivare al licenziamento per giustificato motivo oggettivo è necessario –  in ogni caso – che il datore di lavoro dimostri la necessità del provvedimento preso e di aver adottato tutte le misure dovute per evitarlo.

       

      L’obbligo di repêchage

       

      In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo il datore di lavoro ha l’obbligo di repêchage, ovvero di assicurarsi, prima di licenziarle il lavoratore, che non ci sia la possibilità di una sua diversa utilizzazione, ovvero di ricollocarlo all’interno dell’azienda in mansioni diverse da quelle precedentemente svolte. Prima del Jobs Act il dipendente poteva essere spostato solo rimanendo all’interno dello stesso livello di inquadramento, dopo questa riforma invece il datore di lavoro ha la possibilità di modificare le mansioni del dipendente facendolo anche scendere di livello, rimanendo comunque all’interno della stessa categoria legale; ad esempio un impiegato di primo livello non può avere le mansioni di un operaio ma può essere ricollocato come impiegato di secondo livello.

       

      Quando è possibile impugnare il licenziamento

       

      Il lavoratore può impugnare il licenziamento davanti al giudice del lavoro se non lo ritiene legittimo. L’onere della prova della legittimità del licenziamento, ovvero della sussistenza delle esigenze di riorganizzazione poste suo fondamento, in questo caso è totalmente a carico dell’azienda: il titolare in particolare dovrà dimostrare di aver rispettato l’obbligo di repêchage provando che all’interno del proprio organigramma non vi erano siano posizioni lavorative vacanti in linea con la professionalità e il livello di inquadramento del lavoratore licenziato e che non ci sono state assunzioni di personale con il medesimo inquadramento contrattuale del lavoratore licenziato o con un livello inferiore nel periodo immediatamente successivo al licenziamento del dipendente.

      Nelle imprese di grandi dimensioni, nel caso in cui il licenziamento sia giudicato illegittimo, il giudice può ordinare la reintegrazione del dipendente e condannare il datore di lavoro a versare un’indennità e i contributi previdenziali e assistenziali. Nelle aziende con meno di 15 dipendenti invece la reintegrazione non è prevista.

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