L’illegittimità del trasferimento del lavoratore che assiste familiare disabile convivente

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L’illegittimità del trasferimento del lavoratore che assiste familiare disabile convivente

La Corte di Cassazione ha affermato l’illegittimità del trasferimento del lavoratore che assisteva un familiare disabile convivente, nonostante si trattasse di una disabilità non grave e non ancora rientrante nei canoni previsti della l. 104/1992. Pertanto, il divieto di trasferire il lavoratore che assiste un familiare disabile grave, opera anche qualora la disabilità non sia grave.

    L’illegittimità del trasferimento del lavoratore che assiste familiare disabile convivente

    La Corte di Cassazione ha affermato l’illegittimità del trasferimento del lavoratore che assisteva un familiare disabile convivente, nonostante si trattasse di una disabilità non grave e non ancora rientrante nei canoni previsti della l. 104/1992. Pertanto, il divieto di trasferire il lavoratore che assiste un familiare disabile grave, opera anche qualora la disabilità non sia grave.

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      Il divieto di trasferire un lavoratore che assiste un familiare disabile

      L’art. 33 co. 5 della legge n. 104 del 1992 sancisce il divieto di trasferimento del lavoratore che assiste un familiare convivente disabile.

      In particolare, la norma sopracitata prevede che “il lavoratore ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede” quando il familiare sia affetto da una disabilità “grave”.

       

       

       

      L’applicazione del divieto del trasferimento del lavoratore anche al caso in cui la disabilità del familiare non sia “grave”

       

      Con la sentenza della Cassazione Civile, Sez. Lavoro, del 12.12.2016, n. 25379, è stata affermata l’applicabilità dell’art. 33 co.5 della l. n. 104/1992 anche nei casi in cui il familiare non sia affetto da una disabilità “grave”.
      Di conseguenza, il trasferimento del lavoratore che assiste un familiare convivente affetto da disabilità non “grave” deve ritenersi vietato, a meno che il datore di lavorare, a fronte della natura e del grado di infermità psico-fisica del familiare, non provi la sussistenza di esigenze aziendali effettive ed urgenti, insuscettibili di essere altrimenti soddisfatte.

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