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Ritardo nella diagnosi di neoplasia e risarcimento del danno
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Ritardo nella diagnosi di neoplasia e risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 7260/2018, ha riconosciuto il risarcimento del danno nel caso di un paziente affetto da una neoplasia, la quale era stata diagnosticata in ritardo dai medici. In particolare, la Corte ha riconosciuto il risarcimento del danno derivante dalla lesione del “diritto all’autodeterminazione” del paziente per il solo fatto del ritardo nella diagnosi, ovvero a prescindere dalla circostanza che il ritardo abbia avuto o meno una incidenza sull’aggravamento della patologia cagionando la morte del paziente.
Ritardo nella diagnosi di neoplasia e risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 7260/2018, ha riconosciuto il risarcimento del danno nel caso di un paziente affetto da una neoplasia, la quale era stata diagnosticata in ritardo dai medici. In particolare, la Corte ha riconosciuto il risarcimento del danno derivante dalla lesione del “diritto all’autodeterminazione” del paziente per il solo fatto del ritardo nella diagnosi, ovvero a prescindere dalla circostanza che il ritardo abbia avuto o meno una incidenza sull’aggravamento della patologia cagionando la morte del paziente.
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Il ritardo nella diagnosi della neoplasia e l’ordinanza della Cassazione
Il caso trattato dalla Corte di Cassazione, con ordinanza n. 7260 del 2018, concerneva quello di un paziente deceduto a seguito di una neoplasia polmonare, che medici avevano colposamente diagnosticato con molto ritardo. Tuttavia, le caratteristiche della malattia ne rendevano certo l’esito infausto.
In tale contesto, era emerso che il ritardo nella scoperta della malattia non avrebbe, comunque, potuto incidere sull’esito della malattia, tant’è che i Giudici avevano negato il riconoscimento del danno da perdita di chance di guarigione.
La lesione del diritto di autodeterminazione del paziente
Nonostante non vi fossero ulteriori chances di sopravvivenza in capo al paziente, la Corte di legittimità ha affermato che l’omessa diagnosi della patologia, che aveva lasciato il paziente nell’ignoranza delle proprie condizioni, gli negava il diritto di autodeterminarsi liberamente.
In sostanza, egli non ha avuto la possibilità di vivere le ultime fasi della propria vita nella cosciente e consapevole accettazione della fine.
La Corte ha, altresì, stabilito che, per ottenere il risarcimento di tale tipologia di danno, gli eredi del paziente hanno l’onere di dimostrare la colpevole mancata informazione da parte del sanitario senza alcun onere ulteriore.
Questo alla luce del fatto che la violazione del diritto all’autodeterminazione costituirebbe un danno-evento risarcibile in sé, a prescindere dalla prova di pregiudizi concretamente sofferti dalla vittima in conseguenza di tale lesione.
Inoltre, già con precedente sentenza (n° 11522/2014) la Corte di Cassazione aveva stabilito come l’omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, anche ove si tratti di un male incurabile e sul quale, pertanto, sia possibile intervenire solo con un intervento palliativo, cagioni al paziente (oltre a un danno al diritto di autoderminazione) un danno alla persona, ove, per effetto dell’omessa diagnosi il paziente non abbia potuto fruire dell’intervento palliativo dovendo così sopportare quelle sofferenze che una tempestiva esecuzione dell’intervento palliativo avrebbe alleviato, sia pure senza la risoluzione del processo morboso.