Sintomi generici e colpa medica

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    Sintomi generici e colpa medica

    La condotta del medico va valutata alla stregua dell’art. 1176, co.2, c.c., ovvero secondo il criterio del c.d. “professionista medio”. La Corte di Cassazione ha riconosciuto la colpa di un medico specialista che di fronte a sintomi generici ed aspecifici di un proprio paziente non ha analizzato tutti i possibili significati di questi, adottando, invece, solo un’unica diagnosi rispetto alla pluralità di quelle perseguibili.

    Sintomi generici e colpa medica

    La condotta del medico va valutata alla stregua dell’art. 1176, co.2, c.c., ovvero secondo il criterio del c.d. “professionista medio”. La Corte di Cassazione ha riconosciuto la colpa di un medico specialista che di fronte a sintomi generici ed aspecifici di un proprio paziente non ha analizzato tutti i possibili significati di questi, adottando, invece, solo un’unica diagnosi rispetto alla pluralità di quelle perseguibili.

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      Il “professionista medio” e la diligenza del medico specialista

      Ai sensi dell’art. 1176, co. 2, c.c. “nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”.

      In particolare, secondo la costante interpretazione della Corte di Cassazione, il concetto di “professionista medio” non va ricondotto al professionista mediocre ma, invece, a quello bravo, ovvero serio, preparato, zelante ed efficiente.

       

       

       

      La colpa del medico

       

      Il parametro di riferimento per valutare la colpa del medico è, dunque, la condotta che teoricamente avrebbe dovuto tenere un medico diligente ai sensi dell’art. 1176, co.2, c.c.

      In caso di sintomi aspecifici il medico deve valutare ogni possibile significato.

       

      Nel caso di sintomatologia aspecifica va, innanzitutto, individuata la condotta che il medico “medio” dovrebbe tenere.

      La II^ Sezione Civile della Corte di Cassazione ed, in particolare, con l’ordinanza n. 30999 del 30.11.2018, è stato affermato che il medico specialista, nel caso in cui il paziente sia colpito da una sintomatologia generica, e quindi riconducibile ad una pluralità di cause, è onerato dall’effettuare una serie di alternative ipotesi diagnostiche, analizzandone la correttezza di ciascuna di esse.

      Il medico specialista che, venendosi a trovare di fronte a sintomi aspecifici, riferibili potenzialmente a più malattie, o comunque, di difficile interpretazione, tiene una condotta non conforme al precetto di cui all’art. 1176, co.2, c.c. nel caso in cui si limiti a far propria una delle possibili diagnosi plausibili, non compiendo ogni sforzo utile per risalire alla causa reale dei sintomi.

      In tali casi, il medico dovrebbe prendere in considerazione tutte le alternative ipotesi diagnostiche, verificandone, poi, una per una la correttezza, ovvero procedere per tentativi in modo da risalire alla causa del sintomo, inoltre, non dovrebbe trascurare nulla né trattare con superficialità qualsiasi lamentela presentata dal paziente; deve ricostruire un’anamnesi della storia clinica del soggetto al fine di ravvisare le cause più probabili dei segnali di disagio da esso manifestati, per poi poter predisporre gli esami del caso. Si tratta dunque di una procedura meticolosa e scrupolosa e, per quanto possa sembrare superflua in caso di sintomi generici che possono sembrare di lieve entità, è fondamentale.

      In altre parole, “si definisce colpa medica per mancato accertamento dei sintomi generici quella che coinvolge lo specialista che, dinanzi a sintomi aspecifici, non prenda scrupolosamente in considerazione tutti i loro possibili significati, ma senza rispettare l’obbligatorio accertamento medico per sintomi generici, effettuando gli opportuni approfondimenti, si limiti a far propria una sola tre le molteplici e non implausibili diagnosi.”

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