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Assegno Divorzile e convivenza prematrimoniale

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La convivenza prematrimoniale, o meglio la durata della convivenza prematrimoniale e le scelte condivise fatte durante tale periodo divengono parametri da prendere in considerazione per la determinazione dellassegno divorzile.

 

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La novità è frutto non di una nuova legge ma, ancora una volta nella materia del diritto di famiglia, di una sentenza della Corte di Cassazione che si è pronunciata a Sezioni Unite con sentenza n. 35385/2023 evolvendo la materia per via giurisprudenziale ed adeguandola ai tempi.

 

La Suprema Corte ha, infatti, preso atto del mutato costume dei tempi laddove oggi la convivenza prima delle nozze è diventato un fenomeno di costume sempre più radicato con matrimoni che sovente arrivano anche dopo convivenze a volte di decenni e più e all’interno delle quali sono nati figli.

 

Questo nuovo concetto di famiglia allargata e/o diluita nel tempo non può non avere conseguenze giuridiche laddove, una volta avvenuto il matrimonio, i coniugi divorzino, magari dopo pochi anni di matrimonio a fronte di un periodo di convivenza prematrimoniale molto più lungo.

 

Ed infatti, la durata del matrimonio è uno dei parametri dei quali si deve tenere conto nella quantificazione dell’eventuale “assegno divorzile” in favore del coniuge economicamente più debole, ma sino ad oggi si era dubitato se si potesse tenere conto anche della durata della convivenza prematrimoniale.

 

Il principio generale è sempre stato quello per cui tanto il matrimonio è stato di durata maggiore, tanto maggiore sarà l’”assegno divorzile“, soprattutto quando si tratta di compensare le rinunce fatte dall’ex per essersi dedicato alla famiglia, mettendo da parte la propria realizzazione personale ed economica a vantaggio del coniuge, il quale libero/a da impegni familiari si è potuto/a dedicare  alla sua attività o carriera.

 

In senso contrario, a un matrimonio di breve durata corrisponderà un “assegno divorzile” di entità minore o nulla. Infatti, secondo la giurisprudenza, se il matrimonio è stato molto breve da non permettere lo svolgimento di un “rilevante ruolo endo-familiare” da parte del coniuge che ha richiesto l’ assegno, non sussiste un apporto economicamente valutabile fornito dal coniuge alla formazione della famiglia tale da legittimare il riconoscimento di ‘”assegno divorzile” in funzione compensativa/perequativa.

 

Vi può essere, tuttavia, come dicevamo il caso di una coppia che dopo anni di convivenza prematrimoniale con rilevante apporto alla vita familiare fornito da uno dei coniugi a favore dell’altro, si sposi e, dopo poco venga al divorzio.

 

Per la Suprema Corte, al di là del dato letterale della legge 898/1970 la quale fa riferimento per la determinazione dell’assegno divorzile solo alla durata del matrimonio, le scelte fatte dai conviventi futuri coniugi nel corso della convivenza prematrimoniale (nella misura in cui ad esempio uno dei due abbia rinunciato al lavoro per occuparsi della prole sacrificando aspettative professionali) devono rilevare nella determinazione delle conseguenze patrimoniali post divorzio, ovvero nella determinazione di eventuale assegno divorzile a favore del coniuge più debole economicamente alla cessazione del matrimonio (allo stesso modo in cui tale scelte condivise rilevano laddove si siano concretizzate all’interno del matrimonio).

 

Non vi sarebbero, in buona sostanza differenze tra il comportamento dei coniugi nella fase prematrimoniale e nella fase  matrimoniale specie con riguardo alle scelte di organizzazione della vita in comune e alla ripartizione dei ruoli.

 

Le Sezioni unite hanno così affermato il principio di diritto per il quale <<ai fini dell’attribuzione e della quantificazione (ai sensi dell’art. 5, comma 6, l. n. 898/1970), dell’assegno divorzile, nei casi in cui il matrimonio si ricolleghi a una convivenza prematrimoniale della coppia (avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune) dal quale discendano reciproche contribuzioni economiche, va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale, ai fini della necessaria verifica del contributo fornito dal richiedente l’assegno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi>>.

<<Occorre vagliare l’esistenza, durante la convivenza prematrimoniale, di scelte condivise dalla coppia a cui si possano ricollegare rinunce lavorative/professionali del coniuge economicamente più debole e che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento adeguato, successivamente al divorzio>>.

 

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AUTORE - Marcello Albini