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Moglie alleva i figli, accudisce il suocero e rinuncia al lavoro: sì all’assegno divorzile

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L’articolo esamina un’importante decisione della Corte di Cassazione che affronta il tema dell’assegno divorzile, riconosciuto in favore di una donna dopo trent’anni di matrimonio.

La sentenza evidenzia la funzione compensativa e perequativa dell’assegno divorzile, sottolineando l’impatto delle scelte familiari sulla disparità economica tra i coniugi.

 

La vicenda

 

Una donna, dopo quasi tre decenni di matrimonio, ha chiesto il riconoscimento dell’assegno divorzile.

Durante il matrimonio, si è dedicata alla cura della casa, all’educazione dei figli e all’assistenza dei familiari del marito, rinunciando a sviluppare una propria carriera lavorativa.

Questa organizzazione familiare ha consentito al marito di concentrarsi sul lavoro, creando uno squilibrio economico a suo favore.

La Corte d’Appello ha confermato il diritto all’assegno, respingendo l’opposizione dell’uomo, e la Cassazione ha rigettato ulteriormente il ricorso.

 

La duplice funzione dell’assegno divorzile

 

La sentenza ribadisce che l’assegno divorzile serve due finalità:

  1. Assistenziale: garantire un sostegno economico al coniuge economicamente più debole.
  2. Compensativo-perequativa: riequilibrare le disparità economiche generate dalle scelte familiari condivise durante il matrimonio.

Non si tratta di ricostruire il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, ma di riconoscere e compensare il contributo del coniuge economicamente più debole alla vita familiare e al patrimonio comune.

 

Criteri per il riconoscimento dell’assegno

 

Il giudice valuta i seguenti fattori, come stabilito dall’art. 5, comma 6 della Legge 898/1970:

  • Durata del matrimonio.
  • Contributo del coniuge richiedente alla vita familiare e al patrimonio comune.
  • Età del coniuge richiedente e possibilità di reinserimento lavorativo.
  • Disparità reddituale tra i coniugi.

Nel caso in questione, la donna, all’età di 63 anni, non aveva mezzi adeguati per mantenersi autonomamente e aveva dedicato tutta la vita al sostegno della famiglia.

 

Nesso causale tra squilibrio economico e scelte familiari

 

La Corte di Cassazione ha chiarito che lo squilibrio economico tra i coniugi deve essere direttamente collegato alle scelte di vita familiare condivise.

Se un coniuge sacrifica le proprie ambizioni professionali per consentire all’altro di sviluppare la propria carriera, tale contributo deve essere considerato ai fini del riconoscimento dell’assegno.

 

Prova del contributo alla famiglia

 

La prova del contributo dato dal coniuge economicamente più debole può essere fornita anche attraverso presunzioni.

Nel caso trattato, la donna ha dimostrato, con elementi concreti e presuntivi, di aver contribuito significativamente alla vita familiare e alla formazione del patrimonio comune.

 

Conclusioni della Corte

 

La Suprema Corte ha respinto il ricorso dell’ex marito, confermando la decisione della Corte d’Appello.

È stato ritenuto giusto riconoscere l’assegno divorzile in funzione compensativo-perequativa, dato che la disparità economica derivava dall’organizzazione familiare e dal sacrificio delle aspettative lavorative della moglie.

 

©copyright Studio Legale Albini & Partners

 

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AUTORE - Marcello Albini