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VADEMECUM MOBBING: Tutela legale (cosa fare in caso di mobbing ?)

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17/02/2014

Il c.d. mobbing, consiste nel crollo dell’equilibrio psico-fisico del lavoratore a causa di  comportamenti vessatori da parte dei superiori gerarchici e/o dei colleghi.

E’ una figura ormai accettata dalla giurisprudenza (per tutte, Corte di Cassazione, sentenza n.143/2000).  Il mobbing, in quanto fonte di un “danno psichico” obbliga colui che ne è il responsabile (il datore di lavorio) al risarcimento dei danni.

Ulteriore voce autonoma di danno (anch’esso da liquidarsi) che solitamente accompagna i casi di mobbing è poi il cd. “danno da dequalificazione professionale” e/o da “demansionamento“. Si tratta di un danno “non patrimoniale” consistente nella lesione del diritto fondamentale alla libera esplicazione della personalità del lavoratore anche nel luogo di lavoro con incidenza sulla vita professionale dell’interessato, ovvero che può avere anche una incidenza “patrimoniale” laddove il lavoratore subisca l’impoverimento della capacità professionale acquisita e la mancata acquisizione di unamaggiore capacità (Cass.Sez. Un., sentenza n. 6572/06).

Affinché si possa configurare un’azione mobbizzante è necessario:

  1. una pluralità di vessazioni o violenze materiali e/o morali;
  2. la protrazione nel tempo della condotta;
  3. la volontà di ledere il lavoratore.

Elemento centrale è, come ha ribadito la Suprema Corte, che si ravvisi una pluralità ed una continuità di azioni lesive, non ritenendosi sufficienti episodi isolati, che trovano una ragione unificatrice nell’intento dell’autore di emarginare, e/o di espellere, la vittima dall’ambiente di lavoro.

Tale aspetto non è poca importanza in quanto processualmente spetta al danneggiante dare la prova di una condotta emulativa, pretestuosa che può consistere in :

  • provvedimenti disciplinari ingiusti;
  • continui rimproveri ingiustificati ed alla presenza di colleghi;
  • trasferimenti ingiustificati del dipendente da una sede ad un’altra senza che sussistano le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” previste dall’art. 2103 codice civile, etc..;
  • emarginazione o isola­mento del lavoratore;
  • demansionamento e svuotamento delle mansioni (sottrazione di compiti e responsabilità caratteristi­che delle mansioni con eventuale assegnazione ad altri dipendenti);
  • continuo sovraccarico di lavoro;
  • ripetute visite fiscali;
  • molestie sessuali.

La condotta mobbizzante deve essere, inoltre essere:

  • protratta nel tempo, ripetuta e sistematica (diversi mesi);
  • avere carattere e contenuto strettamente persecutori (intento di isolare, di indurre alle dimissioni);
  • finalizzata alla mortificazione ed emarginazione del lavoratore (ad esempio il lavoratore non viene convocato alle riunioni aziendali, viene spogliato delle proprie mansioni e/o degli strumenti di lavoro etc..).

2. Cosa fare in caso di mobbing.


Ma cosa fare in concreto quando si sia vittima di mobbing ?


Raccogliete le prove
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  1. Collezionare testimonianza del mobbing di cui si è vittima è essenziale (tenete un diario delle vessazioni subite, raccogliete sempre: nome della fonte; date degli avvenimenti, testimoni presenti; documenti, e-mail, appunti e qualsiasi altro materiale scritto che attesti una determinata situazione);
  2. ogni richiesta che inoltrate ai vostri superiori o colleghi deve diventare un atto formale, per cui mettete in forma scritta o spedite per raccomandata A.R. ogni vostra richiesta: trasformate qualsiasi ordine verbale ricevuto in interrogazione scritta (“a voce mi è stato detto di fare questo, chiedo conferma scritta”). Molto spesso non riceverete risposta: ciò sarà la prova di una tra le azioni mobbizzanti, anche una mancata risposta ad una domanda fatta per iscritto può essere, infatti, una prova della degenerazione dei rapporti;
  3. chiedete copia degli atti d’ufficio che vi riguardano (è un vostro diritto: legge 241/90 sulla trasparenza amministrativa e legge 675/96 cosiddetta sulla “privacy”);
  4. se i sintomi del malessere sul lavoro hanno già un riscontro negativo sulla vostra salute contattate subito un medico e fatevi rilasciare i certificati che documentano le conseguenze subite sul piano fisico (tali certificati potrebbero anche servirvi in futuro per otteneredei risarcimenti);
  5. se lo stato di malessere (stress, ansia, depressione)  persiste non esitate a mettervi in malattia assentandosi dal lavoro dietro presentazione della relativa certificazione medica;
  6. abbiate cura di mantenere anche mail offensive, se le avete mai ricevute, e ordini di servizio con incarichi non pertinenti o non adatti al vostro ruolo;
  7. trovate testimoni disposti a testimoniare (anche ex-colleghi, colleghi attualmente impiegati nell’azienda molto difficilmente si esporranno)
  8. indagate anche sugli ultimi licenziati dell’azienda, o sulle persone che hanno “spontaneamente” consegnato le dimissioni: potrebbero aver subito la vostra stessa sorte;
  9. segnalate gli abusi;
  10. mettere al corrente più gente possibile, ovvero cercate di rendere pubblica la situazione, divulgando all’interno dell’azienda le vostra situazione: il racconto della vostra storia potrebbe far sorgere tra gli altri dipendenti un movimento di opinione a vostro favore;
  11. Non date le dimissioni: spesso l’obiettivo del mobber è proprio quello di indurre la vittima alle dimissioni, in questo modo oltre a darla vinta a chi vi perseguita perderete anche qualsiasi possibilità di ottenere un risarcimento.


3. Fissate un obiettivo.

Se siete determinati a passare alle vie legali, individuate chiaramente quali scopi volete raggiungere (reintegro nelle proprie mansionirisarcimento da danno biologico..).

E’ importante considerare alternative alla causa per mobbing, dal momento che esistono specifiche fattispecie di reato come minacce, abuso di potere, violenza privata, ingiuria, diffamazione, calunnia, lesioni personali.


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AUTORE - Studio Legale Albini