Esito positivo dell’intervento ma assenza del consenso del paziente: è lecito il risarcimento (Cass. Civ., Sez. III, sent. n.2847 del 9 febbraio 2010)
23/02/2010
La Corte di Cassazione, Terza Sezione, con sentenza n. 2847 del 9 febbraio 2010 ha confermato nuovamente il principio per il quale il paziente che non abbia dato il consenso all’intervento ha diritto di essere risarcito del danno non patrimoniale subito nonostante l’esito dell’operazione chirurgica sia stato positivo.
Il paziente, però, al fine di ottenere il risarcimento del danno alla salute patito, deve provare che se avesse avuto tutte le informazioni necessarie in merito ai possibili rischi non avrebbe comunque accettato di sottoporsi all’intervento.
Secondo gli Ermellini è sufficiente la sola diagnosi del professionista affinché si instauri un rapporto contrattuale con il paziente. “Ne consegue che effettuata la diagnosi in esecuzione del contratto, l’illustrazione al paziente delle conseguenze (certe o incerte che siano, purché non del tutto anomale) della terapia o dell’intervento che il medico consideri necessari o opportuni ai fini di ottenere il necessario consenso del paziente all’esecuzione della prestazione terapeutica, costituisce un’obbligazione il cui adempimento deve essere provato dalla parte che l’altra affermi inadempiente, e dunque dal medico a fronte dell’allegazione di inadempimento da parte del paziente”.
La violazione del dovere d’informazione nel campo della tutela terapeutica fa scattare la risarcibilità del danno non patrimoniale. “Condizione di risarcibilità di tale tipo di danno è che esso varchi la soglia della gravità dell’offesa secondo i canoni delineati dalle sentenze delle Sezioni Unite n. 26972 a 26974 del 2008, con le quali si è stabilito che il diritto deve essere inciso otre un certo livello minimo di tollerabilità, da determinarsi dal giudice nel bilanciamento tra principio di solidarietà e di tolleranza secondo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico”.