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Il rifiuto dell’emotrasfusione per motivi religiosi non riduce il risarcimento ai parenti della vittima

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Interessante sentenza della Cassazione (n.ro 515/20120) che affronta tematiche molto delicate quali quelle del “nesso di causa” tra condotta ed evento in campo risarcitorio e della tutela del “libero esercizio dei propri convincimenti religiosi”.

Con la sentenza in esame la Cassazione affronta il caso di una persona che a seguito di incidente stradale veniva sottoposta ad intervento chirurgico d’urgenza ma al quale non veniva somministrata la necessaria terapia emotrasfusionale per convincimenti religiosi della stessa.
Il paziente decedeva e i familiari chiedevano il risarcimento dei danni all’assicurazione del responsabile civile dell’incidente.
Quest’ultima eccepiva l’interruzione del “nesso di causa” tra incidente e decesso per effetto dell’impossibilità alla emotrasfusione per motivi religiosi e/o un “concorso di colpa” della vittima ai fini della riduzione del risarcimento ai sensi dell’art. 1227 cod. civ. .

La Cassazione, con la sentenza, ha, da un lato escluso la frazionabilità del “nesso di causa” tra condotta ed evento, dall’atro, ha riconosciuta piena tutela al diritto di rifiutare la trasfusione di sangue per motivi di coscienza religiosa.

In altre parole, secondo la Cassazione, da un lato non si può configurare alcun obbligo di sottoporsi alla cura e, dall’atro lato, il paziente ha il diritto (tutelato costituzionalmente) di rifiutare la trasfusione di sangue per motivi religiosi e, pertanto, la sua condotta, qualora abbia pregiudicato la sua sopravvivenza, in quanto espressione dell’esercizio di un legittimo diritto, non potrà essere inquadrabile nell’ipotesi di concorso causale colposo della vittima previsto dall’art. 1227, secondo comma cod. civ. .

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AUTORE - Marcello Albini