Jobs Act e Decreto dignità: nuove regole
In merito alle nuove regole introdotte dal “Decreto dignità” rispetto al Jobs Act si può dire che il Parlamento ha convertito in Legge il c.d. “Decreto Dignità” n. 87/2018 (entrato in vigore il 14 luglio 2018), in materia di diritto del lavoro, che mira a smantellare le novità introdotte nel mercato dal lavoro dal c.d. Jobs Act della precedente legislatura, novità che avevano ingenerato un forte squilibrio a scapito dei diritti fondamentali dei lavoratori e della loro tutela e avevano favorito fenomeni di precariato, con le norme su contratti a termine e tutele crescenti.
In particolare (come sopra accennato) con il Decreto dignità, ora convertito in legge, sono state modificate 2 tra le norme più criticate del Jobs Act, quelle in materia di contratti a termine e di contratti a tutele crescenti, nell’ambito del diritto del lavoro.
Ma vediamo cosa cambia.
CONTRATTI A TERMINE
- La durata massima dei contratti a termine scende dai 36 MESI previsti dal Jobs Act a 24 MESI;
- il numero massimo delle proroghe passa da 5 a 4;
- reintrodotto l’obbligo delle “causali” dopo i primi 12 mesi di contratto (in caso di rinnovo oltre i 12 mesi sarà, pertanto, obbligatorio specificare in contratto le esigenze in base alle quali il contratto è a tempo determinato che potranno essere: a) esigenze temporanee e oggettive estranee all’ordinaria attività, ovvero di sostituire altri lavoratori); b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria).
Le nuove regole si applicano ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente all’entrata in vigore del decreto (14 luglio 2018) nonchè ai rinnovi e alle proroghe dei contratti a termine in corso successivi al 31.10.2018.
La sanzione prevista in caso di elusione della normativa prevede la conversione del “contratto a termine” illegittimo in “contratto a tempo indeterminato“.
Elevato, altresì, da 120 giorni a 180 giorni il termine – posto a pena di decadenza – decorrente dalla cessazione temporale del contratto per l’impugnazione del carattere a tempo determinato del contratto di lavoro. L’impugnazione perde efficacia se non è seguita, entro il successivo termine di 180 giorni, dal deposito del ricorso in tribunale.
LICENZIAMENTI nei contratti a TUTELE CRESCENTI
La nuova normativa prevede l’aumento delle mensilità minime e massime dovute in caso di accertamento di licenziamento illegittimo per “giustificato motivo oggettivo” e/o “soggettivo” e /o per “giusta causa”:
- il risarcimento minimo passa da 4 a a 6 mensilità (3 mensilità per le imprese con meno di 16 dipendenti);
- il risarcimento massimo viene innalzato da 24 a 36 mensilità (6 mensilità per le imprese con meno di 16 dipendenti.
Va detto come le modifiche introdotte con il Decreto Legge iniziale (prima della conversione in legge) non interessavano né il sistema di calcolo dell’indennità, né l’offerta di conciliazione da parte del datore di lavoro per evitare l’impugnazione del licenziamento prevista dal Jobs Act, offerta da calcolarsi in 1 mensilità per ogni anno di servizio ma con un minimo di 2 (e un massimo di 18 mensilità). Pertanto, un maggior indennizzo per il licenziamento ingiustificato riguardava, nel concreto, soltanto le ipotesi di licenziamento nei primi 2 anni di rapporto di lavoro.
La legge di conversione ha aumentato i limiti dell’offerta di conciliazione da parte del datore di lavoro, da un minimo di 3 a un massimo di 27 mensilità.
il Decreto Dignità in materia di diritto del lavoro, presenta nuove regole rispetto al Jobs Act soprattutto per quanto riguarda il contesto del precariato, in particolare dei contratti a termine e le tutele crescenti.
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