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Lavoratore depresso va in spiaggia e salta la visita. Legittimo il licenziamento? (Cass. civ. Sez. Lav. 21 ottobre 2010 n. 21621)

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09/11/2010

 

Il quesito:

  • E’ legittimo il licenziamento comminato nei confronti del dipendente assente alla visita domiciliare di controllo e che si allontani dal domicilio per qualche ora della giornata per recarsi in spiaggia?

 

 

Il caso

 

Tizia, dipendente di una società, riceveva una contestazione disciplinare per essere risultata assente, in data 28 giugno 2004, ad una visita domiciliare di controllo disposta dal datore di lavoro, e per non essersi presentata il giorno seguente al controllo ambulatoriale disposto dall’Inps.

Dopo pochi giorni, la lavoratrice riceveva ulteriore contestazione disciplinare per essere stata vista, alcuni giorni consecutivi, in spiaggia per qualche ora di mattina, nonostante il suo stato di malattia.

Per tali fatti, veniva disposto il suo licenziamento, nei confronti del quale la dipendente ricorreva in giudizio, risultando vittoriosa sia in primo grado che in grado di appello.

La Corte territoriale, infatti, riteneva carente la giusta causa di licenziamento, atteso che:

– l’assenza dal domicilio nelle fasce di reperibilità non assumeva di per sé rilevanza disciplinare, essendo tale assenza giustificata dalla natura della patologia da cui era affetta (sindrome ansioso depressiva), nonché dalla necessità di rivolgersi al suo medico per l’insorgere improvviso di un evento morboso;

– alcun rilievo disciplinare – per la mancanza di un intento elusivo – poteva assumere l’assenza alla visita di controllo disposta dal medico dell’Inps, essendo anzi la buona fede della lavoratrice dimostrata dall’essersi sottoposta a visita di controllo in data 20 luglio 2004;

– vi era sproporzione tra gli addebiti formulati e la sanzione adottata.

Per la cassazione di tale sentenza ricorreva la società, evidenziando che:

– l’intento elusivo della dipendente doveva ben considerarsi dimostrato dalla ingiustificata assenza sia alla visita richiesta dal datore di lavoro che, ancor di più, a quella disposta dal medico dell’Inps, a nulla rilevando che la stessa si fosse sottoposta a visita di controllo il successivo 20 luglio, vale a dire ben 22 giorni dopo;

– non poteva essere riconosciuto valore esimente all’assenza della lavoratrice in funzione della patologia lamentata, non essendovi al proposito alcuna deroga legislativa in materia;

– nessuna prova circa l’indifferibilità della visita presso il suo sanitario in occasione dell’assenza durante le fasce di reperibilità era stata fornita dalla lavoratrice:

– in ogni caso, il ccnl applicato prevedeva l’obbligo – in capo al lavoratore che debba assentarsi durante le fasce di reperibilità – di comunicarlo tempestivamente all’azienda, onere non adempiuto dalla dipendente.

 

Sintesi della questione

Nella fattispecie in questione occorre verificare se costituisca giusta causa di licenziamento l’irreperibilità alla visita di controllo disposta dal datore di lavoro, nonché l’omessa presentazione del lavoratore alla visita ambulatoriale di controllo disposta dal medico dell’Inps, oltre che il recarsi – durante la malattia – in spiaggia per qualche ora.

Ancora, si tratta di verificare se e quale efficacia esimente possa avere la tipologia di patologia sofferta, nonché la necessità di assentarsi durante le fasce di reperibilità per recarsi dal proprio medico curante.

 

La soluzione accolta dalla Corte di Cassazione

 

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso della società.

Gli Ermellini, infatti – valorizzando la gravità dello stato patologico della lavoratrice – richiamano i propri precedenti in termini, a mente dei quali per giustificare l’allontanamento dal domicilio nelle fasce di reperibilità non è richiesta l’assoluta indifferibilità della prestazione sanitaria da effettuare, all’uopo bastando un serio e fondato motivo.

 

Anche in merito alla seconda contestazione disciplinare, secondo i giudici di legittimità, alcuna valenza assume l’allontanamento dal domicilio per recarsi in spiaggia alcune ore, una volta che si sia escluso, come nel caso di specie, che una breve esposizione al sole da parte della lavoratrice potesse pregiudicare o ritardare la sua guarigione.

 

In ogni caso – afferma la Corte (che, tuttavia, omette di pronunciarsi in merito alle altre doglianze della società3 ricorrente) – l’analisi della complessiva condotta della dipendente, prima e dopo la malattia, evidenzia la sua buona fede e l’assenza di intenti elusivi da parte sua, rendendo assolutamente sproporzionata la sanzione espulsiva.

 

Fonte Altalex, Nicola Luciani


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AUTORE - Studio Legale Albini