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LICENZIAMENTO DEL DIRIGENTE

  |   Diritto del Lavoro, Tutte le News

Introduzione

 

Il licenziamento del dirigente rappresenta uno degli argomenti più delicati e controversi del diritto del lavoro italiano.

A differenza degli altri lavoratori subordinati, il dirigente nel settore privato è sottoposto a una disciplina particolare, spesso meno protettiva, ma comunque non priva di garanzie.

Capire quali sono i suoi diritti e le possibili tutele in caso di licenziamento è fondamentale, soprattutto quando ci si trova improvvisamente privati di un incarico di responsabilità dopo anni di carriera.

In questo articolo approfondiremo cosa prevede la legge in merito al licenziamento del dirigente, quali sono le differenze rispetto agli altri lavoratori, in quali casi è possibile impugnarlo e come si impugna un licenziamento, infine quali indennità spettano in caso di illegittimità del licenziamento.

 

Chi è il dirigente nel diritto del lavoro ?

 

Nel linguaggio comune, il termine “dirigente” può indicare semplicemente un lavoratore con mansioni di responsabilità.

Tuttavia, nel diritto del lavoro italiano, il dirigente è una categoria a sé stante, distinta dai quadri, dagli impiegati e dagli operai.

Il dirigente è colui che, all’interno dell’organizzazione aziendale, esercita funzioni di direzione generale o gestisce in autonomia e con ampi poteri una parte rilevante dell’attività aziendale.

A volte si identifica con l’amministratore delegato o il direttore generale, ma non necessariamente.

Questa posizione apicale caratterizzata da un’ampia autonomia sia organizzativa che decisionale comporta una particolare rilevanza del legame fiduciario tra datore di lavoro e dirigente e quindi anche una diversa disciplina in caso di licenziamento, spesso più flessibile per il datore di lavoro, ma non per questo priva di limiti.

 

Il licenziamento del dirigente: la nozione di “giustificatezza” del licenziamento

 

Un principio generale: il licenziamento del dirigente è sempre soggetto a un controllo di legittimità

 

Anche se non gode delle stesse tutele previste per gli altri lavoratori subordinati, il licenziamento del dirigente non è mai completamente libero.

Il datore di lavoro deve comunque rispettare determinati criteri e può licenziare il dirigente solo per giusta causa e/o per  giustificate ragioni, le quali  possono essere di natura sia soggettiva-disciplinare (purché apprezzabili e tali da minare il rapporto fiduciario) che oggettiva (ovvero legate all’organizzazione aziendale).

 

Il licenziamento ad nutum: solo in teoria

 

Spesso si legge che il dirigente può essere licenziato “ad nutum”, cioè liberamente, senza necessità di motivazione.

In realtà, questa affermazione è vera solo in parte, infatti il licenziamento del dirigente deve essere comunque non arbitrario e conforme a principi di buona fede e correttezza.

Quindi, un licenziamento arbitrario, discriminatorio o ritorsivo è sempre illegittimo, anche se il lavoratore è un dirigente.

Con riguardo al dirigente si ha riguardo alla nozione di “giustificatezza” del licenziamento, concetto introdotto e previsto dai CCNL, il quale sottintende valide ragioni di cessazione del rapporto lavorativo nel rispetto dei  principi di “correttezza” e “buona fede”, ovvero del divieto di licenziamento meramente discriminatorio.

Come ulteriore corollario della non applicabilità ai dirigenti della disciplina dei licenziamenti prevista per le altre categorie di lavoratori, è stato altresì ritenuto che non sussiste l’obbligo di repêchage, in quanto incompatibile con la posizione dirigenziale del lavoratore (Cass. 19 giugno 2014, n. 13958).

 

Le cause di licenziamento del dirigente

 

1. Giusta causa

 

È la motivazione più frequente nei licenziamenti dirigenziali. Si tratta di una condotta talmente grave da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro.

Rientrano tra le ipotesi di giusta causa:

  • violazione grave degli obblighi fiduciari;

  • conflitto di interessi non dichiarato;

  • comportamenti lesivi della reputazione aziendale;

  • appropriazione indebita, truffa, frode.

 

2. Giustificato motivo oggettivo

 

Questa possibilità, ad esempio in caso di:

  • riorganizzazione aziendale;

  • soppressione del ruolo dirigenziale;

  • crisi economica dell’impresa.

Tuttavia, il datore di lavoro deve dimostrare che il licenziamento non è pretestuoso.

3. Giustificatezza 

 

 Valide ragioni di cessazione del rapporto lavorativo nel rispetto dei  principi di “correttezza” e “buona fede”, ovvero del divieto di licenziamento meramente discriminatorio.

 

4. Motivazioni discriminatorie o ritorsive (sempre illegittime)

 

Qualsiasi licenziamento discriminatorio (per motivi di sesso, razza, religione, orientamento politico o sindacale) o licenziamento ritorsivo (in reazione all’esercizio di un diritto, come una denuncia per mobbing o un infortunio) è nullo.

 

Le tutele previste per il licenziamento del dirigente

 

Sebbene il dirigente non goda delle stesse garanzie dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, ovvero della reintegrazione (salvo il caso del licenziamento discriminatorio) ha comunque diritto a forme di tutela che sono previste e variano a seconda del contratto collettivo applicato al singolo rapporto di lavoro.

 

1. Preavviso o indennità sostitutiva

 

Se non si tratta di licenziamento per giusta causa, il datore di lavoro deve garantire al dirigente un congruo periodo di preavviso (che può arrivare anche a 12 mesi) oppure corrispondere una indennità sostitutiva del preavviso.

 

2. Indennità supplementare 

 

La contrattazione collettiva prevede che nell’ipotesi in cui il licenziamento sia privo di motivazione, cioè non giustificato, il datore di lavoro venga condannato al pagamento di un’indennità supplementare, di natura meramente indennitaria, parametrata tra un minimo e un massimo variabile in base all’anzianità aziendale e, in alcuni casi, all’età anagrafica del dirigente.

Questa somma può arrivare anche a 18 mensilità.

 

 

Come impugnare il licenziamento del dirigente

 

 

1. Termini per l’impugnazione

Il dirigente, come gli altri lavoratori, ha 60 giorni dalla ricezione della comunicazione di licenziamento per impugnare il provvedimento, e ulteriori 180 giorni per avviare il giudizio o la conciliazione.

 

2. Prova del motivo illegittimo

In sede giudiziaria, spetta al dirigente fornire indizi precisi e gravi per dimostrare che il licenziamento è avvenuto per motivi illegittimi (ritorsione, discriminazione, assenza di giusta causa).

 

3. Conciliazione e transazione

Molti contenziosi si chiudono con un accordo economico che eviti il giudizio.

Un avvocato esperto può aiutare a negoziare condizioni più favorevoli, anche in termini di reputazione e clausole di non concorrenza.

 

 

La differenza tra dirigente e quadro: attenzione alla qualifica

 

Spesso si fa confusione tra quadro e dirigente, ma le differenze sono sostanziali:

Quadro Dirigente
Mansioni intermedie Funzioni direttive apicali
Tutele piene contro il licenziamento Tutele attenuate
Applicazione piena dell’art. 18 Possibilità di licenziamento ad nutum (con limiti)

 

Molti lavoratori vengono erroneamente inquadrati come dirigenti solo per ridurre le tutele in caso di licenziamento. In questi casi è possibile contestare l’inquadramento e chiedere la riqualificazione.

 

Conclusione

 

Il licenziamento del dirigente non è mai un atto da prendere alla leggera, né per il datore di lavoro, né per il lavoratore.

Anche se la legge consente una maggiore libertà nel recesso, esistono limiti, obblighi e forme di tutela che è importante conoscere.

Se hai ricevuto una lettera di licenziamento, è fondamentale non perdere tempo e rivolgerti a un avvocato esperto in diritto del lavoro, che possa analizzare la tua posizione contrattuale, la motivazione del licenziamento e individuare la strategia più efficace per difendere i tuoi diritti e il tuo futuro professionale.

©copyright Studio Legale Albini & Partners

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AUTORE - Marcello Albini