Medico, amico-nemico (Articolo tratto da “Vivere in armonia” 10.09.2010, in materia di responsabilità professionale medica)
10/09/2010
Medico, amico-nemico
Come comportarsi in caso di negligenza sanitaria senza trasformare il diritto in vendetta
Aveva solo 32 anni la donna di Matera che ieri mattina si è spenta dopo aver dato alla luce due gemelli con un parto cesareo. La tragedia è arrivata a pochi giorni dal caso della rissa in sala parto nel Policlinico di Messina e dallo scambio di sacche di sangue che ha causato la morte di un’anziana alle Molinette di Torino. Il fantasma della malasanità sembra aggirarsi tra i corridoi di cliniche e ospedali, mettendo un tarlo nella testa di chi deve ricorrere alle cure mediche. C’è paura, sfiducia, come se a chiedere aiuto ci fossero più rischi che nel sopportare il dolore. Ma se tante sono le “mani cattive” in cui possiamo cadere, altrettante sono quelle che sanno portarci sul loro palmo con professionalità e altruismo.
Nessuna guerra. Se è vero che negli ultimi anni sono aumentate in maniera esponenziale le denunce per sinistri nel settore sanitario, questo è dovuto soprattutto al cambiamento dei costumi sociali. “E’ mutata la percezione che il comune cittadino ha del proprio medico – commenta Marcello Albini, avvocato con vasta esperienza nell’ambito del diritto sanitario (www.studiolegalealbini.it) – Un tempo il dottore era colui a cui ci si affidava con fiducia incondizionata, oggi è diventato il capro espiatorio se qualcosa non va”.
Il diritto alla salute. Se come sempre non va fatta di tutta l’erba un fascio, l’errore esiste. L’articolo di legge di riferimento è il numero 32 della Costituzione, che riconosce il diritto alla salute come fondamentale prerogativa dell’individuo e interesse della collettività. A esso si legano l’articolo 2043 del codice civile – che obbliga chiunque cagioni ad altri un danno ingiusto, per via di un fatto doloso o colposo, a risarcire la vittima – e l’articolo 2059 che assicura il pagamento dei danni non patrimoniali, meglio noti come morali ed esistenziali.
Quale risarcimento. Tra i camici bianchi gli ambiti maggiormente sotto accusa sono ortopedia, chirurgia e chirurgia estetica. In generale, chi è vittima della cattiva pratica medico-chirurgica ha diritto al risarcimento del danno biologico, che scaturisce da qualunque lesione del bene-salute. Vengono considerate sia le conseguenze patrimoniali, sia quelle non patrimoniali.
Cosa fare e in quali tempi. Quando si è vittima di malasanità (omessa, errata o ritardata diagnosi; mancanza di diligenza nell’intervento; infezioni contratte a seguito di trasfusione di sangue; gravi carenze strutturali della struttura ospedaliera; difetto di assistenza; omesso consenso informato all’operazione), uno studio legale può fare chiarezza circa i nostri diritti. E’ bene raccogliere tutta la documentazione medica (cartelle cliniche, referti, certificati) che potrà aiutare a delineare i profili di colpa medica e il possibile danno risarcibile.
Gli errori possibili. “Ogni volta che ci si rivolge a un medico – ricorda Albini – si stipula un contratto definito da contatto sociale, che prevede in caso di errore sia una responsabilità extracontrattuale, ovvero quella relativa al danno ingiusto sancita dall’articolo 2043 del codice civile, sia quella contrattuale che configura il danno come conseguenza immediata e diretta del comportamento negligente del medico”. Il secondo onere, quello contrattuale, favorisce il paziente per via dei termini di prescrizione più lunghi: chiunque subisca un errore medico ha tempo dieci anni per richiedere i danni.
Il fatto che si tratti di un “contratto” non impone degli obblighi a carico del paziente. “I moduli di consenso informato che vengono fatti firmare prima di interventi chirurgici delicati, nuove cure o esami invasivi hanno un valore legale molto relativo – conclude Albini – Servono a far prendere coscienza al paziente del trattamento proposto dal medico per decidere se accettarlo o meno, ma non esulano in nessun modo il medico dalle successive responsabilità”. Più che altro informare preventivamente il malato è un obbligo del medico: nel caso in cui non lo eserciti può essere perseguito per aver leso il diritto costituzionale all’autodeterminazione.
Paola Rinaldi